Nel 1956 viene mostrata in prima mondiale al Salone dell’Automobile di Torino la Abarth 750 Record Bertone. Disegnata da Franco Scaglione si caratterizza per la profilatissima carrozzeria e la grande ala verticale che si estende dall’abitacolo, avvolgendo il motore posteriore della Fiat 600 derivazione Abarth 750 (747 cc per 47 CV). L’intento era quello di dimostrare le capacità delle elaborazioni e dei pezzi marchiati Abarth.
La cosa funzionò al punto che al cospetto degli stessi Carlo Abarth e Nuccio Bertone, il 17-18 giugno 1956 la 750 Record correndo sul circuito di Monza per 24 ore consecutive e alternando al volante Remo Cattini, Umberto Maglioli, Mario Poltronieri e Alfonso Thiele, stabilì ben dieci primati internazionali di velocità nella Classe H (da 501 a 750 cc), con una punta massima di 155,985 km/h.
Questa tradizione in Bertone non si è fermata, tanto da trovare ideale continuità concettuale nella straordinaria Bertone Z.E.R. del 1994, vettura elettrica da record nata sotto la supervisione del capo del centro stile Luciano d’Ambrosio e dall’iniziativa progettuale del capace tecnico Eugenio Pagliano.
Eugenio Pagliano è uno di quei personaggi che rimanendo dietro le quinte, ha accompagnato con grande ingegno la produzione Bertone dall’entrata di Marcello Gandini (1965) fino al 2002. Una carriera che lo vede formarsi come geometra appassionato di aeronautica e aerodinamica, per poi inseguire la propria curiosità per il mondo della tecnica automobilistica.
Una curiosità che nasce facendo da autista a suo cugino, corsaiolo proprietario alternativamente di Alfa Romeo e Ferrari; lo stesso, proprio attraverso le corse conosce bene l’azienda Bertone, presentando a Nuccio Bertone il giovane Eugenio che, mostrandogli alcuni appassionati disegni verrà assunto ricoprendo il ruolo di collaboratore/tecnico a fianco di Gandini (in quel momento praticamente da solo). In verità si troverà ad essere un vero e proprio tecnico e designer ad ampio spettro, grazie alla sua innata capacità tecnica inventiva. Marcello Gandini sarà per lui un maestro di vita e di pensiero che, possiamo dire, gli insegnerà anche il mestiere permettendogli di sfruttare al massimo le sue doti analitiche e progettuali.
Tra i tanti progetti che si troverà a curare vi è proprio quello della Z.E.R. che lo vede in veste di principale promotore.
Il progetto Bertone Z.E.R. (Zero Emission Record) nasce durante un momento di calma all’interno della febbrile attività dell’azienda, rappresentando un momento di evasione dalla seppur interessante routine. Si va alla ricerca di qualcosa di nuovo, inedito e l’emeroteca interna all’azienda diventa un’ottimo luogo dove trovare ispirazione. Difatti tra una rivista e l’altra Pagliano rimane affasciato dalle incredibili automobili da record presenti in un’articolo che le mostra correre sul lago salato statunitense di Salt Lake City; nel passato Bertone c’è la Abarth 750 Record, cosa si può fare dunque di nuovo in questa esaltante direzione? L’idea di un record con motorizzazione elettrica (allora sotto i riflettori) prende immediatamente campo.
Si parte convinti di fare le cose per bene ma senza troppi obiettivi o ambizioni, ma intanto il primo modello in scala 1:4 prende attentamente corpo delineando un’auto che “vive della sua forma”, precisa e aderente come quella di un’aliante, compatta e pura ricerca aerodinamica (cx di 0,11), con il suo abitacolo avanzato e l’alta deriva posteriore utile alla stabilizzazione mostra all’interno della galleria del vento del CRF (Centro Ricerche Fiat) delle capacità non trascurabili, tanto che le modifiche apportate per arrivare al modello in legno scala 1:1 saranno minime. Tra queste la definizione della giusta lunghezza della coda che avviene attraverso la divisione in tre sezioni, di volta in volta eliminate alla ricerca della migliore penetrazione aerodinamica possibile. Da qui nasce la scelta di costruirla per battere davvero un record di velocità in elettrico, nonostante un pensoso ma certamente incuriosito Nuccio Bertone.
Mostrata come modello al Salone dell’Automobile di Torino del 1994, prosegue nella propria realizzazione attraverso un telaio a traliccio in tubi quadri e una carrozzeria in honeycomb di fibra di vetro che peserà solo 20 kg: una leggerezza esasperata e necessaria per rimanere all’interno della Classe 2 FIA per veicoli da 500 a 1.000 kg, considerando i già 600 kg di batterie.
Gli 8 pacchi batterie FIAMM piombo-acido sono sistemati in posizione centrale/laterale (4 a destra e 4 a sinistra) per un miglior bilanciamento, e consentono una percorrenza di 250 km in un’ora a 250 km/h (il peso complessivo dell’auto sarà di 880 kg, distribuito su 420 cm di lunghezza e soli 99 cm di larghezza). Il motore è sistemato in posizione trasversale sul retro, con trazione ottenuta mediante due semplici catene di trasmissione motociclistiche, mentre Michelin produrrà delle gomme a bassissima resistenza adatte allo scopo gratuitamente; molte altre aziende faranno da sponsor tecnico appoggiando l’impresa.
Qui entra in gioco Oscar De Vita, giovane brillante studente di ingegneria al Politecnico di Torino che attrae l’attenzione della Bertone vincendo una gara di kart elettrici in una competizione organizzata a contorno proprio del Salone del 1994. È figlio di Enrico De Vita, ingegnere già precedentemente contattato dall’azienda come profondo conoscitore della mobilità elettrica: Oscar li guiderà verso il record. Inizialmente questo doveva svolgersi sul dritto del famoso lago salato, ma il meteo e le rivolte ambientaliste fecero saltare la possibilità. L’unico altro luogo adatto fu il temibile anello di 12 km di Nardò: il 2 ottobre 1994 batté il record raggiungendo i 199,881 km/h per poi surclassarsi il 21 maggio 1995 con 303,977 km/h. Ancora oggi detiene imbattuto il record mondiale di velocità per un veicolo elettrico Classe 2 FIA (fino a 1.000 kg). Un sentito Ringraziamento a Luciano d’Ambrosio ed Eugenio Pagliano per aver collaborato alla diffusione di questa avventura.
Autore: Federico Signorelli
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