L’approvazione da parte del Parlamento Ue al divieto dal 2035 della vendita di auto con motore termico ha spaccato in due la politica continentale. Dopo il sì registrato a Strasburgo, il prossimo step sarà il Consiglio Ambiente del 28 giugno, in occasione del quale gli Stati membri indicheranno la propria posizione. Nel corso di questo appuntamento, potrebbe nascere una discussione accesa tra il Governo italiano e la Commissione Ue. A dare questo segnale è Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, chiamato alla Camera per rispondere ad un’interrogazione dei deputati Paolo Barelli e Luca Squeri, di Forza Italia.
Alla domanda sui piani dell’esecutivo, D’Incà ha risposto: “Nonostante l’Europarlamento abbia confermato gli obiettivi di riduzione delle emissioni proposti dalla Commissione Ue, la discussione resta centrale in seno al Consiglio dell’Unione europea e sarà oggetto di negoziato in occasione del Consiglio dei ministri dell’Ambiente del prossimo 28 giugno. L’azione del Governo sarà indirizzata verso soluzioni di compromesso che consentano di mantenere elevato il livello di ambizione sulla proposta di riduzione delle emissioni e al contempo di salvaguardare il principio della neutralità tecnologica, garantendo opportune flessibilità al fine di accompagnare il necessario percorso di transizione della filiera produttiva. Sottolineo infine che è in corso un dialogo continuo sia con la Commissione europea che con la Presidenza francese volto a meglio chiarire come le posizioni italiane non riducano l’azione della proposta, ma siano tese a inserire opportune flessibilità che possano accompagnare gli Stati membri nel percorso di decarbonizzazione che consentirà loro di raggiungere gli obiettivi delineati dal provvedimento”.
L’allarme lanciato da Squeri riguarda la perdita di circa 70.000 posti di lavoro in Italia a seguito del blocco delle vendite di auto termiche. Quindi le parole pronunciate da D’Incà hanno in certo qual modo attenuato le polemiche tra i banchi di Montecitorio. A mettere d’accordo invece tutti è stato l’emendamento battezzato “salva Motor Valley”, che fino al 2036 mette al riparo i costruttori con una produzione compresa tra 1.000 e 10.000 vetture all’anno dai nuovi limiti sulle emissioni di CO2 (-15% al 2025 e -55% al 2030 rispetto al 2021).
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