Oggi, trent’anni fa esatti, perdevano la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie (e collega) Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro). Era il 23 maggio 1992 e la mafia uccideva in un barbaro attentato il cuore della democrazia, tramite cariche esplosive poste in un cunicolo sotto al tratto dell’autostrada A29.
Chi ha una buona memoria ricorderà, anche le auto della strage di Capaci: gli eroi periti in una delle pagine più buie della storia italiana viaggiavano su tre vetture diventate simbolo della tragedia, tre Fiat Croma (due della Polizia di Stato e una del Tribunale di Palermo), di cui due sono ora monumenti per ricordare le vittime e non dimenticare una delle pagine più buie della storia d’Italia. Vediamo, quindi, la storia delle auto della strage di Capaci per capire che fine abbiano fatto.
L’auto di testa, in un corteo di protezione, ha il compito di aprire la strada e sorvegliare il perimetro per scongiurare ogni potenziale minaccia, esattamente il compito a cui era deputata la Fiat Croma marrone del reparto scorte su cui viaggiavano i tre agenti caduti nell’attentato.
L’auto, con targa civile (ma immatricolata Polizia 72677), si trovò esattamente nel punto dell’esplosione alle 17:57. I 500 kg di tritolo catapultarono la QS15 (l’importante nome in codice della Croma) in un frutteto a lato dell’autostrada. I tre agenti, come insegna la storia, persero la vita praticamente sul colpo. La vettura fu compattata in un demolitore e inserita in una teca mobile, la quale, nel 2013, fu ceduta dalla Polizia di Stato all’associazione Quarto Savona Quindici, fondata dalla vedova del capo-scorta Antonio Montinaro. L’associazione organizza iniziative contro la mafia e per il ricordo della Strage di Capaci. La teca con la vettura è comunque conservata nella caserma Pietro Longaro di Palermo.
Giovanni Falcone era seduto dietro al volante della seconda vettura, la Croma bianca. Lui amava guidare, di conseguenza aveva insistito per poter condurre l’auto. A fianco a lui c’era la moglie, mentre l’autista Giuseppe Costanza della scorta viaggiava sul divano posteriore. La Fiat Croma in questione fu blindata e consegnata al giudice antimafia in quanto vettura protetta dal Ministero delle Grazie e Giustizia affidata al Tribunale di Palermo.
Il frontale dell’auto testimonia come il manto stradale rivoltato dall’esplosivo abbia creato un muro che, cadendo, andò contro la vettura. Gli occupanti, estratti dai Vigili del Fuoco, non indossavano la cintura di sicurezza e i due magistrati morirono per i traumi riportati dopo il violento impatto. L’autista, trovandosi in una posizione relativamente più protetta, sopravvisse ma riportò gravissime ferite. Oggi questa Croma si trova in una teca conservata nella scuola di formazione della Polizia penitenziaria di Roma.
La Croma azzurra targata PA 889982 su cui viaggiavano gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo, era l’auto di coda, la quale serviva a mantenere distanti le altre auto per proteggere le spalle del corteo. I tre agenti riportarono gravi ferite, ma sopravvissero alla strage. La vettura fu invece demolita dopo le indagini, ma la sua posizione davanti al muro di detriti che uccise questi uomini coraggiosi rimane un segno indelebile nella storia del nostro paese.
Autore: Nicola Accatino
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