Aprilia, i GP e la Classe 250. Ma all’ombra delle grandi Case c’è un ‘artigianato motociclistico da corsa italiano’ che si divide in due grandi famiglie: quella dei motoristi, in grado di realizzare anche con risorse limitate dei motori incredibili, e quelli che invece si dedicano allo sviluppo della ciclistica. Il veneto Claudio De Bei ha dato un significativo contributo in entrambi i settori.
Claudio De Bei presentò la sua moto a Misano Adriatico, nel corso del Gran Premio delle Nazioni del 1990. Si trattava del prototipo realizzato sulla base di una Aprilia 250 GP del 1989 che manteneva il telaio originale modificato nella parte anteriore per consentire il montaggio della nuova sospensione.
Sulla carenatura della moto spiccava il logo dello sponsor O.Z. che aveva creduto fermamente nell’operato del tecnico bassanese, così come la Aprilia che aveva intravisto nella innovativa sospensione anteriore un modo per esplorare nuove strade che gli consentissero, in un futuro prossimo, di mantenere la leadership tecnologica conquistata nelle classi minori.
In effetti la casa di Noale puntò gli occhi anche sulla soluzione proposta dal tecnico francese Claude Fior ma alla fine scelse De Bei. Per portare avanti nel migliore dei modi questo programma fu creato, grazie al concreto aiuto del già ricordato Renato Sonda, il Team O.Z. System che inizialmente corse il mondiale col pilota Marcellino Lucchi in sella a una Aprilia AF1 250 standard per poi passare, sul finale di stagione alla versione dotata di sospensione anteriore De Bei. A Misano la nuova moto fu soltanto utilizzata in prova, mentre in gara Marcellino Lucchi corse ancora con una Aprilia 250 GP standard del 1990.
Il debutto in gara avvenne sempre a Misano, ma nel Trofeo Gran Prix, mentre quello in un Gran Prix a Brno, nell’estate del 1990, chiuso al 16° posto. Seconda uscita a Phillip Island, in Australia, con un 12° posto finale.
Per il 1991 il Team O.Z. System ha programmi ancora più ambiziosi e per questo il patron Sonda organizza una presentazione ufficiale, cui presenziano anche Witteveen, Cocco e Pernat, in quel periodo rispettivamente responsabili dei motori, dei telai e direttore sportivo del reparto corse Aprilia.
E’ innanzitutto annunciata la partecipazione di Lucchi a tutto il mondiale con la moto sperimentale che ha il preciso scopo di inserirsi tra i top team dotata della sospensione De Bei rivista da Cocco.
Quindi affidare una seconda moto la cui preparazione del motore era affidata da Franco Moro, celebre tecnico di Soligo, a Renato Colleoni e parallelamente continuare lo sviluppo, a Bassano, con De Bei, di un’ulteriore evoluzione della ciclistica, che consiste nell’accoppiare all’avantreno un’innovativa sospensione posteriore brevettata e denominata ‘Rotoassiale’.
Per questa moto il campo d’azione sarà limitato ad alcune prove del campionato Europeo e del Trofeo Italia col pilota Lino Bosa che svolgerà anche il delicato compito di collaudatore. Bosa, all’epoca ventisettenne, proveniva dal Trofeo Monomarca Yamaha, aveva vinto il Supertrophy Yamaha 350 e nel 1990 aveva debuttato in Superbike.
L’accordo diretto con Aprilia pone il Team O.Z. System alla stregua di un terzo team ufficiale, quasi al pari della squadra interna il cui pilota è Loris Reggiani (e che comunque avrebbe goduto in primis degli aggiornamenti tecnici sul motore) e al Team satellite Iberna i cui piloti erano Pierfrancesco Chili e Renzo Colleoni, fratello di Renato. Alla guida tecnica del Team O.Z. fu chiamato Fabrizio Guidotti, quello delle Romeo-Fabrizio da cross e che nel Team Aprilia ha sempre avuto un ruolo tecnico importantissimo anche in epoca recente.
L’attività proseguì anche nel 1992, l’anno in cui fu completato lo sviluppo della moto: “Provarono la moto Reggiani e Biaggi ovvero i migliori piloti Aprilia del momento” ci ha raccontato Gianluca De Dei, figlio di Claudio. “Anzi Biaggi, fresco campione europeo con l’Aprilia, avrebbe dovuto correre il mondiale 1992 con la nostra moto, poi Rossano Brazzi lo volle fortemente nella squadra ufficiale. A proposito di ‘ufficiale’, la O.Z. non riuscì mai ad avere un vero motore come quello montato sulle moto ufficiali”, conclude Gianluca De Bei. “Ma al riguardo devo raccontare un episodio interessante. Mio padre riuscì una sola volta a fare una comparazione della sua ciclistica rispetto a quella tradizionale della Aprilia, potendo disporre dello stesso motore. Ebbene alla fine del test la differenza di tempo fu evidente e a favore della sua creatura. Quando venne a casa è ci raccontò l’accaduto era quasi allucinato tanta era la soddisfazione per quel risultato… ricordo il suo entusiasmo come fosse oggi!”.
Alla fine ne furono costruiti 9 esemplari, incluso uno motorizzato con un motore Aprilia mono 650 per correre nella categoria Supermono. Le ultime avevano un telaio a traliccio in tubi d’acciaio anziché tipo deltabox. Poi tutto si fermò lì.
Si ringrazia Gianluca De Bei per le informazioni e la disponibilità nel farci fotografare la moto del servizio.
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