Prove su strada

Alpine A110 | Prova su strada

Tempo di lettura: 7 minuti

L’idea, o se volete la ricetta di questo “ritorno” dal passato, è semplice e, viste le premesse, la nuova Alpine A110 ha tutti gli ingredienti necessari per stupire le folle e, soprattutto, noi appassionati. Leggerezza, motore all’altezza, assetto ribassato e la voglia di andare veloce e far divertire. Sono passati quasi cinquant’anni ma sempre quelle sono le basi sulle quali è stata costruita la A110, a prescindere dal tempo che passa. Questa è, in estrema sintesi, ma avremo modo di approfondire, il remake dell’ Alpine A110, chiamata a raccogliere l’eredità della piccola coupè a due posti secchi che ha scritto la storia dei rally negli anni ’60-’70 e che è tornata a far parlare di sè, per la gioia degli appassionati, francesi e non.

Volendo azzardare un paragone, il Marchio che per Renault è un po’ come Abarth per Fiat, torna quindi alla carica a distanza di 22 anni dalla sospensione delle attività e lo fa proprio con la vettura della quale vogliamo parlarvi. Ecco come va l’ Alpine A110 con il suo motore da 252 CV, un peso quasi piuma (grazie al telaio in alluminio) e la voglia di stupire e far comparire sorrisi sui volti di chi ha la fortuna di sedersi dietro quel magico volante che profuma di storia.

Design: chiaro il richiamo al passato, almeno all’esterno

L’auto è lunga 4,18 metri, contro i 4,05 della famosa progenitrice dalla quale riprende la forma del corpo vettura e soprattutto la firma ottica, ovviamente adattata ai tempi moderni. Quella che era una campionessa dei rally torna oggi proponendosi come Instant Classic alla francese. I LED fanno il loro dovere, con i bei fari circolari che sono un grande omaggio all’antenata, così come la scritta Alpine cromata sopra la targa. Piace il logo Alpine, sempre cromato, sopra il tappo del serbatoio (che si trova appena dietro all’asse anteriore) mentre i cerchi Otto Fuchs da 18” sono di serie e quelle pinze blu fanno davvero la loro sporca figura (l’impianto è Brembo, una garanzia prima ancora di provare qualche frenata al limite). 

Moderna, ma tradizionalista, la firma luminosa della nuova Alpine A110, interamente a LED

Dietro la Alpine A110 è sorprendentemente elegante ed è qui dove più si differenzia rispetto alla prima generazione, grazie alla firma luminosa, sottile, a LED, e alla presenza di un bel diffusore dalle dimensioni generose che, come avrete modo di scoprire, non è lì assolutamente a caso. Non a caso, visto che qui si entra nel campo della fisica, sono assenti alettoni e la linea ne guadagna, non fosse altro per quel bel terminale di scarico, di forma triangolare, al centro del diffusore di cui sopra. Una silhouette senza tempo, con il chiaro scopo, voluto dalla Casa madre Renault, di ammodernare le linee della vettura che porta il nome e che arrivò, nel 1962, su precisa volontà del fondatore del Marchio, Jean Rédéle.

Dentro, invece, l’abitacolo regala la sensazione di trovarsi a bordo di una piccola supercar ed è inutile sottolineare che non è così spartano come la sua rivale italiana, l’Alfa Romeo 4C, né raffinato come quello della tedesca Porsche 718 Cayman. Prima di tutto i sedili, targati Sabelt, che goduria! Alla vista sono due piccole opere d’arte, pesano solo 13,1 chilogrammi l’uno e offrono una seduta subito confidenziale. Quest’ultimi sono regolabili in profondità mentre per l’altezza serve agire macchinosamente su tre viti, non un’operazione da fare in fretta e furia. Oltre a essere sportivi, grazie alle imbottiture laterali sanno essere anche comodi: su questo versante, la A110 stacca e di gran lunga le rivali, sia l’italiana, sia la tedesca.

L’abitacolo è ben rifinito, ma non manca qualche piccola stonatura da matita rossa

La consolle comando è invece sospesa (utile lo spazio che si ricava sotto a quest’ultima) e ricorda quella di auto sportive ben più blasonate, quasi di una Ferrari (grazie al quale è stata introdotta questa soluzione diversi anni fa) dipinta di blu.

Piacciono i tre tasti che regolano la marcia (D, N, e R) mentre il tasto di accensione è esattamente in mezzo alla consolle, di un bel rosso vivace, come rosso è il pulsante sul volante sul quale tornerò a breve. Davanti al tasto d’avviamento, i due pulsanti per l’azionamento dei cristalli elettrici. Per motivi che è inutile raccontarvi l’abitacolo è quello che più si discosta dalla progenitrice ma è anche uno degli aspetti che più piacciono di questa vettura. Notevole è anche il quadro strumenti digitale in grado di cambiare aspetto a seconda delle modalità di guida, mentre lo schermo touch screen, di scuola Nissan, è da 7” ma offre una resa grafica non così notevole.

Utili, ai fini della sportività, le dieci schermate “Telemetrics” con varie indicazioni che danno l’idea, tramite grafici e indicatori di facile comprensione, di quanto state andando forte o di come sta rispondendo la vettura. Belle le palette del cambio automatico a sette rapporti, in alluminio (mi ricordano la Clio R.S. Trophy) sebbene personalmente io preferisca la soluzione solidale al volante e non al piantone, e il motivo è sempre il solito: in “alto” zero problemi, ma essendo tagliate in basso le palette diventano difficili da raggiungere quando si è in curva, meglio, in un certo senso, aspettare di avere le ruote dritte.

Veniamo ora ai punti dolenti: prima di tutto, quell’odioso comando-satellite del volume e delle stazioni radio, di derivazione Renault, utilitarie Renault, che è stato piazzato nel posto meno indovinato di tutto. Vista la compattezza delle forme, lo spazio in abitacolo non è eccessivo, per le persone alte come me il rischio di toccare col ginocchio è onnipresente e, anche a livello estetico, stona davvero col resto dell’abitacolo. In seconda posizione la bocchetta d’aerazione appena sotto al display: non è richiudibile ne regolabile, e butta aria in basso. Meglio agire sulle due posti ai lati della plancia, quest’ultima davvero ben rifinita con le preziose impunture di colore blu.

La nuova Alpine A110 sa come farsi riconoscere

Terzo, ma su questo punto possiamo soprassedere, vista la natura di questa coupè, lo spazio a bordo: non è tanto, né in abitacolo (non fosse per il vano sotto la consolle mancano veri e propri vani portaoggetti dove tenere fermi gli oggetti). Sempre a proposito di spazio, dicevo, anche esternamente all’abitacolo non aspettatevi il baule di una berlina: 100 litri davanti (con soli 19 centimetri di profondità) e 96 dietro, ma attenti: con il motore posteriore/centrale, in posizione trasversale, il vano sul lato B tende a scaldarsi quindi se andrete a fare la spesa con la vostra Alpine A110 ricordatevi di questo buffo consiglio. Infine, criticabile la visibilità: guardando avanti, il generoso retrovisore infastidisce sul piccolo parabrezza mentre dietro dovrete affidarvi ai sensori di parcheggio vista la scarsità di superficie del lunotto, ovviamente sprovvisto di tergicristallo: la telecamera posteriore non è prevista neanche in optional.

Alla guida della Alpine A110 da 252 CV: ama andare forte ma sa essere confortevole

Assetto ribassato ma non troppo rigido: la A110 sa far divertire e allo stesso tempo essere confortevole

1.116 kg, in ordine di marcia, possono bastare? Sì, se a spingere la A110 ci pensa lo stesso 1.8 quattro cilindri che Renault ha installato sulla sua hot hatch, la Megane R.S., sebbene i pesi in gioco siano su due piani differenti. I cavalli sono 252, la coppia 320 Nm e i dati relativi alle prestazioni molto promettenti: 4,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h e una velocità massima di 250 km/h. Siamo a livello delle rivali ma, una volta messo in moto il quattro cilindri, ciò che sorprende di più e la sua vivacità ai bassi e, allo stesso tempo, la capacità di allungo. La turbina spinge che è un piacere e lo si avverte, drizzando le orecchie, dal leggero sibilo proveniente dietro di voi, mentre l’allungo è reso disponibile dal davvero ottimo cambio Getrac a sette velocità: preciso, leale, e in grado di attaccarvi al sedile laddove si selezionano le modalità Sport e Track, le quali non hanno bisogno di presentazioni. Con quest’ultime il carattere della vettura cambia, così come la tonalità dello scarico centrale, in grado di regalare sorrisi e scoppiettii a tutto andare, sia in accelerazione sia in rilascio.

E qui ci si inizia a divertire, presi da questo assetto che permette all’Alpine di adattarsi a ogni tipo di fondo stradale, seppur proprio l’assetto rappresenti la classica medaglia a due facce: da una parte un assetto comodo, adattabile e utile ai fini di viaggi su strade dritte, dall’altra un’eccessiva morbidezza del reparto molle/sospensioni, che si tramuta in un leggero rollio e beccheggio (le sospensioni sono a doppio triangolo mentre le molle di tipo elicoidale) quando si inizia ad andare forte, quindi oltre un certo limite che dipende dal vostro piede e dalle vostre abilità. Se la 4C è un ferro da stiro per la sua rigidezza, e la Porsche si posiziona un gradino sopra grazie alla sapiente iniezione di tecnologia, la Alpine A110 è quell’auto che ti diverte, regalando sovrasterzi in inserimento da vera auto da rally, ma che sotto sotto vorresti un po’ più rigida proprio per “percepirla” come una vera e propria, anche se piccola, supercar con la S maiuscola.

Va invece apprezzata l’ottima distribuzione dei pesi e il baricentro basso, mentre l’azione del famoso diffusore andrebbe giudicato più propriamente su un circuito. In curva, quelle di tutti i giorni per intenderci, è in modalità Track che ci si dimentica di rollio, beccheggio o chicchessia e, specie con l’ESP disattivato in automatico nella più divertente delle modalità, si gode di un retrotreno ballerino con la trazione che scarica la sua foga sulle sole ruote posteriori.

Prezzi e concorrenti

La sfidante di Alfa Romeo 4C e Porsche 718 Cayman gioca le sue carte

Inutile dire se lei sia meglio di 4C o Cayman: il divertimento è assicurato su tutte e tre. Noi però ci siamo concentrati su di lei e sulla sua rivale del Bel Paese, la 4C, 4,3 kg/cv contro 3,85 kg/cv parlando di rapporto peso potenza. E se invece parliamo di soldoni, insomma di prezzi? La prima, la francese, sta conoscendo un successo inaspettato con la Premiere Edition e i suoi 1.955 esemplari andati a ruba a 60.000 euro tondi tondi, come la versione da noi provata, praticamente full optional già così com’è. La gamma si è arricchita con le versioni Pure e la Legende, con prezzi a partire da 56.100 euro, a livello, per intenderci, della 718 Cayman che offre, però 48 CV in più.

La seconda, l’italiana, a qualche anno dal debutto, ha ancora molto da dire: costa un po’ di più, si parte da circa 65.000 euro (si trovano già occasioni sul mercato dell’usato), ma è più leggera grazie alla scocca in carbonio e compensa così i 10 cavalli in meno del motore. Insomma, una sfida non così scontata che ha riportato in auge la nostra consueta rivalità con i cugini al di là delle Alpi. Come si dice in questi casi…che vinca la migliore.

In conclusione, assetto soft o rigido che sia, questa Alpine A110 ha centrato l’obiettivo. È impossibile non definirla un’auto che ti fa venire voglia di guidare perché così è, vorresti non scendere mai, come su quelle giostre che ci rendevano felici da bambini.

 

 

Tommaso Corona

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Tommaso Corona

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