Una delle auto più attese del nuovo millennio è finalmente realtà: non ci nascondiamo dietro un dito se affermiamo che Alfa Romeo Stelvio è stata una delle scommesse più azzeccate della Casa di Arese. Negli anni che oggi potremmo definire “bui”, solo una decina di anni fa, se qualcuno avesse accostato la parola SUV al nome Alfa, quasi sacro per molti appassionati, il rischio sarebbe stato quello della strada dritta per il manicomio.
Cambiano i tempi, cambiano le mode e, dopo Giulia, ecco arrivare Stelvio, il primo SUV 100% italiano (viene prodotto a Cassino) che, insieme a Giulia, si è legato a doppio filo al rilancio di “mamma Alfa”. Ci sta riuscendo? I numeri, anche quelli che arrivano dall’altra sponda dell’Oceano Atlantico, dicono di sì, ma ciò che più importa a noi è sapere se a livello di guida Stelvio si è confermato per quello che è stato annunciato da molti: il SUV che non si guida come un SUV.
Abbiamo scelto la motorizzazione 2.2 diesel da 210 CV abbinata all’ottimo cambio automatico AT8, alla trazione integrale Q4 e all’allestimento Executive, il più ricco prima dell’introduzione dello Sport Edition. Ok, forse state intuendo che sarà una bel racconto, ma non sveliamo troppo prima del tempo. Ecco come va Alfa Romeo Stelvio nella nostra prova su strada.
Le forme di Alfa Romeo Stelvio non sono, come affermato da molti, quelle di una Giulia leggermente maggiorata. Nessun intervento estetico ma solo tanta sostanza, in altre parole se la Giulia è innegabilmente bella anche lo Stelvio ha decisamente il suo perché.
Partendo dal frontale, il classico trilobo è il protagonista assoluto, lo è meno, ahimè, il piccolo radar del cruise control adattivo. O a destra, o a sinistra, da qualche parte doveva finire. Belli i gruppi ottici allo xeno con luci diurne a LED, ben profilate e, per chi vede arrivare Stelvio nello specchietto, di sicuro impatto.
Nella linea laterale le proporzioni sono quelle del classico C-SUV con qualche centimetro in più della media (4,69 metri la lunghezza), mentre i cerchi con il classico motivo Alfa già visto su altri modelli non stonano affatto, anche perché dietro di loro si nascondo le pinze rosse che già fanno intuire cosa riserva Stelvio quando si decide di rendere onore al nome che porta (in onore del famoso Passo dello Stelvio, ci siete mai stati? Andateci).
Un cenno sul lato B, che appare subito muscoloso ma elegante. Muscoloso per i doppi terminali di scarico (peccato la differenza di diametro tra il vero scarico e la scelta di far coincidere il bordo di uscita del vero scarico con la cornice, troppo grande rispetto al diametro, elegante per la forma dei gruppi ottici, anche in questo caso a LED, e per il gioco sapiente di linee che raccorda la zona del lunotto, passando per i fari e raccordandosi con la zona sopra la targa.
E a bordo? La seduta è confortevole seppur sportiva, i sedili sono in pelle e regolabili elettricamente sul nostro allestimento. Si sta seduti in alto ma non troppo, nel senso che si ha quel senso di dominio della strada tipico dei SUV, ma su Stelvio capisci subito che sta per trarti in inganno, nel senso positivo del termine. Bello, soprattutto da tenere tra le mani, il volante, lo stesso di Giulia e decisamente più ergonomico di quello che ancora troviamo su Giulietta, figlia di concetti precedenti. Vogliamo parlare di quelle due opere d’arte che sono le palette del cambio ricavate dal pieno? Belle e funzionali, grazie alle loro dimensioni generose.
La qualità dei materiali è molto buona, non ottima perché c’è comunque un’abbondanza di plastica seppur in luoghi abbastanza nascosti alla vista. Se il display dell’infotainment Connect 3D Nav da 8,8” (di serie sulla Executive) si sviluppa orizzontalmente incastonandosi nella plancia (peccato, che ad oggi, non sia touch), il tunnel centrale è abbastanza ampio e ospita comandi sullo stile delle tedesche, ovvero senza troppi fronzoli. Tre rotelle (selettore modalità di guida, comando display, comando volume) e la leva del cambio che, personalmente, ho utilizzato solo per parcheggiare e fermarmi, d’altronde con quelle palette così invitanti.
Infotainment che, a differenza di altre blasonate concorrenti, non propone né i comandi touchscreen né Apple CarPlay o Android Auto di serie. Sono optional che si pagano 300 euro, i sistemi Mirrorlink. Per il resto bella la resa grafica, forse un po’ macchinoso il sistema di inserimento delle indicazioni del navigatore. Un sistema con l’inserimento di lettere e numeri con le dita avrebbe fatto comodo.
E chi siede dietro? Nessun problema, i 4,69 metri aiutano e non poco a stare comodi. Sono presenti le bocchette di aerazione, due porte USB e due pratici comandi per abbassare i sedili. Anche il bagagliaio è abbastanza capiente, con due levette per abbassare il divano, una presa da 220V per una capacità che parte da 525 litri.
Piccola premessa: chi l’ha guidata può immaginare, leggendo queste righe, il senso del mio discorso. Chi non l’ha mai guidata, beh, prima fatevi venire voglia leggendo le stesse righe, poi recatevi al concessionario Alfa più vicino. Parto per una volta dalla fine. Mai mi è dispiaciuto lasciare un’auto come mi è capitato con questo Stelvio. Per me, che ero stato solo stuzzicato dalle doti della Giulia, si è trattato di resettare l’esperienza di guida provata con tanti SUV di fascia medio alta e di ripartire da zero, volontariamente.
Stelvio sa conquistare, eccome se lo sa fare. Ti siedi, regoli il sedile elettricamente per trovare la posizione giusta, con il volante abbastanza perpendicolare rispetto al pavimento, come su una sportiva vera, pronto ad assecondarti e a svelarti curva dopo curva cosa è capace di fare (sì, è uno dei punti di forza del SUV Alfa, senza dubbio).
La seduta è altresì alta e contenitiva, ma non così alta come su altri SUV, perché Stelvio è uno Sport Utility Vehicle unico nel suo genere. Vero è che si domina comunque la strada e il tunnel centrale piuttosto alto aiuta a trovare il giusto spazio. Non resta quindi che premere sul pulsante Start (lo si trova nella stessa posizione di Giulia ed è inequivocabilmente rosso sulla versione Quadrifoglio) e dare il via alle danze.
Capitolo motore. Il 2.2 diesel da 210 CV spinge che è un piacere. La coppia è abbondante a tutti i regimi (470 Nm a 1.750 giri), ma ciò che più sorprende non è la spinta, comunque molto buona, quanto l’elasticità del quattro cilindri italiano. Che si giri in alto, in basso o che si voglia effettuare un sorpasso improvviso, questo motore non delude mai, rimane forse rumoroso sopra i 100 km/h ma è uno scotto piacevole visto il risultato. Grande, grandissimo merito, va riconosciuto all’ottimo ZF a 8 rapporti dotato di funzione “Lock up”, così da aumentare la percezione di ripresa data quando si schiaccia sul gas.
Le famose palette, o paddle che dir si voglia, (in optional a 350 euro, sono però comprese nel Pack Performance) sono la manna dal cielo per la guida sportiva e valgono il prezzo del biglietto. Seppur personalmente non sia un amante della tipologia solidale al piantone, in questo caso la loro estensione in lunghezza viene in aiuto e non vi obbliga a strani giochi di mano (e soprattutto a lasciare la presa del volante) se non nei tornanti più stretti. Per il resto le cambiate sono fulminee, ancora di più in modalità Dynamic, selezionabile grazie al piccolo selettore sul tunnel centrale.
Non che la trazione integrale Q4, con albero di trasmissione in carbonio, non abbia un ruolo in questo giro sulla giostra, anzi. Nulla da criticare infatti in termini di accelerazione: lo 0-100 è coperto in 6,6 secondi (paragonabile a una Hot Hatch di segmento B) mentre la velocità massima è di 215 km/h. I controlli non si possono disattivare, quindi niente traversi. Per quelli c’è lo Stelvio Quadrifoglio.
Capitolo sterzo. Bastano veramente poche parole per il grande attore non protagonista di Alfa Romeo Stelvio. Decisamente preciso, è grazie a lui che si ha la maggiore percezione di non trovarsi alla guida di un SUV seppur forme e dimensioni dicano il contrario. Non mi perdo in disquisizioni tecniche, ciò che di buono è stato fatto su Giulia su Stelvio si conferma tale.
Capitolo assetto. La distribuzione dei pesi perfetta (50:50) fa la sua parte durante la guida. L’assetto si può poi adattare grazie alla rotellina del DNA, dove D sta per Dynamic, N per Natural e A per Advanced Efficiency. Con la prima ci si diverte (bella la grafica rossa che compare sul display una volta selezionata la modalità), le altre due cadono invece a pennello in situazioni di guida autostradale o quando si decide di guida in maniera parsimoniosa. Per quanto riguarda il telaio, la sensazione è quello che possa dare decisamente di più. Non ci si trova mai “impiccati” così come il differenziale assiste sempre il guidatore in ogni condizione, non mostrando mai segni di affaticamento.
Tornando alla trazione Q4, lo Stelvio restituisce le sensazioni di guida tipiche di una trazione posteriore, ma si dimostra pronta a trasferire la coppia necessaria alla ruote anteriore quando serve. In curva questo significa poco sottosterzo e soprattutto poco rollio. Anche in questo caso il merito va ricercato nelle sospensioni Alfa Link che sono state appositamente studiate per ridurre il fastidioso effetto che si percepisce alla guida del classico Sport Utility Vehicle.
Vogliamo trovarle qualche difetto? Tra gli altri il mantenimento di corsia che vi avverte con una noiosissima specie di vibrazione acustica (in Alfa devono aver capito prima degli altri quanto possa dare fastidio e hanno posto un pratico comando di attivazione/disattivazione all’estremità dell’indicatore di direzione), una non perfetta visibilità data dal lunotto piccolo, ma compensata dalla telecamera posteriore (peccato che lo schermo si divida in due e la risoluzione ne risenta) e, se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo, una frenata leggermente più modulabile non avrebbe guastato.
La conclusione a questa prova è solo una: grande piacere di guida. Vi posso assicurare che quando inizi a guidarla, ovviamente nelle condizioni giuste, non vorresti scendere più. Vi chiederete quanto questo divertimento, fatto di curve aggredite e accelerazioni a tutto spiano, alternate a una guida più parca, pesi sulla bilancia dei consumi. Visto che a fine prova l’indicatore sul quadro segnava circa 14 km/l di media, direi che il risultato non è male per una trazione integrale.
E’ chiaro che lo Stelvio si dimostra anche un’affidabile compagno di viaggio su strade che di curve non ne presentano. Grazie all’ottava marcia, a limite autostradale, i giri del motore rimangono sotto i 2.000, a tutto vantaggio dei consumi. Certo è che la sua anima sportiva è sempre lì, pronta ad assecondare il vostro desiderio di tornare a sognare di essere seduti su un’Alfa Romeo, una vera Alfa Romeo.
Ora si potrebbe aprire una parentesi sulla vera utilità del piacere di guida nel mondo iper tecnologico di oggi. Io parlo da appassionato e sono rimasto entusiasta, un padre di famiglia potrebbe badare ad altre cose dove Stelvio non è la prima della categoria, ma se sceglie il SUV del Biscione, un po’ per amor di patria, un po’ perché nasconde un cuore 100% Alfa, un po’ di voglia di divertirsi deve averla per forza. Poi, come sempre, dipende tutto dal piede di chi siede dietro il volante. Volete guidarla tranquilla? La comodità non manca affatto.
Quando esce un nuovo modello molto spesso si tende a sottovalutare la sua importanza ai fini strategici del destino della Casa che lo ha immesso sul mercato. Se due anni fa toccò a Giulia, l’anno scorso è toccato a Stelvio, una coppia pronta ad attaccare sui mercati e a risollevare le sorti del Biscione verso lidi che le competono di diritto.
Ciò che vorrei puntualizzare è la ragione che sta dietro questa rinascita, voluta fortemente da Marchionne. Stelvio, prima dell’arrivo del SUV Alfa, rappresentava e rappresenta ancora il nome del famoso passo alpino, terreno di conquista di tante popolazioni nei tempi più remoti (i lavori vennero avviati dall’Imperatore Francesco II d’Asburgo). Ed è proprio questo l’obiettivo e il DNA di Stelvio, un SUV di conquista; conquista di nuovi mercati, basti pensare a quello nordamericano dove è già un successo, e riconquista di quegli alfisti duri e puri che si erano persi, negli ultimi anni, con modelli che avevano poco di Alfa Romeo e il cui piacere di guida sembrava essersi dissolto senza un perchè.
Oggi la rinascita Alfa è partita e la scelta di giocare la carta SUV si sta dimostrando vincente, sotto due aspetti: sul mercato e sull’immagine stessa del Biscione, anche se qui i puristi potrebbero storcere il naso davanti alla scelta di creare un SUV slegato dalla tradizione del Marchio. L’ha fatto anche Lamborghini, lo farà anche Ferrari prima o poi, lo stanno facendo davvero tutti. Perché Alfa Romeo doveva essere da meno?
Alfa Romeo Stelvio parte da 45.900 euro (per la Business 2.2 Turbo Diesel da 150 CV), mentre la nostra versione, in allestimento Executive, viene 55.100 euro da listino. Così come l’avete potuta osservare nella nostra gallery (cerchi, vernice e alcuni pacchetti a richiesta che comprendono una buona dose di optional) il prezzo della vettura sale a 60.800 euro.
La concorrenza, specialmente quella teutonica (la sua rivale per eccellenza rimane la Porsche Macan seguita a ruota dalle varie Audi Q5, BMW X1, Mercedes GLC) e, scendendo con gli allestimenti, anche quella non per forza Made in Germany, ha iniziato a tremare. Brava Alfa Romeo, ti meriti un applauso.
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