La storia di questa automobile nasce da lontano, precisamente da un motore. È il 1986 quando nei locali dell’Alfa Romeo di Arese un gruppo di lavoro del reparto Alfa Corse guidato dall’ingegner Pino d’Agostino è intento a realizzare il progetto di un nuovo motore V10 di 72° da 3,5 litri (V1035) con 4 valvole per cilindro e 4 alberi a camme: il fine è quello di rispettare i nuovi regolamenti in Formula 1 che prevedevano il ritorno ai motori aspirati dal 1989, dopo anni di tecnologia turbo. Il propulsore ha un’architettura particolare che consente un ottimo equilibrio delle forze in gioco con l’eliminazione dei tipici controalberi di equilibratura.
Così facendo si risparmia sul peso, unitamente alla scelta del frazionamento a 10 cilindri (più potente di un “8” ma più compatto di un “12”) e all’uso di una lega di alluminio e silicio. Le prove al banco diedero ragione: 583 cv che nelle versioni successive arrivarono a 620, a 13.300 giri/min con coppia massima 39 kgm a 9500 giri/min. È bene dire che l’idea non era però quella di gareggiare direttamente in F1 (causa le negative stagioni precedenti in termini di vittorie) ma di porsi inizialmente come fornitore di propulsori, per poi (arrivati i risultati) entrarvici ufficialmente.
Ma il 1986 fu anche l’anno del passaggio dell’Alfa Romeo al Gruppo Fiat che immediatamente decise per il ritiro totale del marchio dal mondo della F1, bloccando ogni progetto: il motivo stava nella volontà del marchio torinese di puntare tutto su Ferrari per quel campionato.
Gli investimenti effettuati rimasero come le promettenti doti mostrate dal motore, così si decise di trapiantarlo sull’Alfa Romeo 164 ProCar. Questa era una vettura tipo Silhouette che, riprendendo per regolamento le linee della nuova ammiraglia presentata nel 1987, doveva competere nel nuovo campionato “Production Car” proposto da Bernie Ecclestone. L’idea dietro le vetture di tipo ProCar era quella di mettere motori e contenuti tecnici della massima formula sotto il “guscio” di grandi berline di serie con il fine d’essere uno spettacolo “di spalla” alla Formula 1, così da animare ulteriormente il fine settimana del Circus. La 164 veniva così stravolta con ad esempio l’adozione di sospensioni push-rod a quadrilateri deformabili, telaio in fibra di carbonio e freni in carbonio realizzati dalla Brembo. Ma pur avendo ormai pronta la vettura si decise di fermare l’intera idea del campionato ProCar, e con esso di nuovo il nostro motore.
Prese dunque campo una nuova iniziativa, ovvero lo studio di una vettura Sport-prototipo rispondente al regolamento del Gruppo C per competere nel Campionato Mondiale Marche 1991. Il progetto prende quota sotto la supervisione dell’ingegner Ignazio Lunetta che mise insieme a Torino un gruppo misto di tecnici Abarth e Alfa Corse: difatti il nome ufficiale del progetto è quello di “Abarth SE 048 SP”.
Il gruppo si ampliò in modo sempre più specifico, mettendo insieme Dallara e il Centro Ricerche Fiat, ma se il motore era pronto mancava una vettura “muletto” per testarlo e ottimizzarlo in pista, grazie al gruppo guidato da Claudio Lombardi; per l’occasione venne riacquistata dall’Abarth una Lancia LC2 di proprietà del Team Mussato alla quale venne modificato il telaio per ospitare il V10 Alfa Romeo.
Il team misto definisce un’automobile basata sulla massima efficienza aerodinamica, ottenuta attraverso una linea profilatissima, il fondo piatto, un doppio diffusore nel muso e altri due che si sviluppano lungo la parte posteriore della vettura. Difatti oltre al motore, è proprio l’aerodinamica (sviluppata in Dallara e Centro Ricerche Fiat) a dare risultati straordinari, al punto da richiedere la necessaria adozione di un più robusto ma leggero telaio in fibra di carbonio e sospensioni tipo Push-rod: tecnica resasi necessaria da flussi aerodinamici così efficaci da risultare superiori a quelli di una F1.
Ma paradossalmente sarà di nuovo il motore a non trovare posto sulla SE 048 SP su decisione della Fiat, che impose l’uso del V12 Ferrari utilizzato in Formula 1, probabilmente per motivi di marketing. Nonostante ciò, davanti alla minaccia di sospensione del progetto gli ingegneri si misero nuovamente al lavoro impostando una nuova gestione elettronica del motore che portò buoni risultati.
Ma improvvisamente un’altra doccia fredda, stavolta definitiva. Nel settembre 1990 il Lingotto sospese immediatamente e definitivamente il progetto della Gruppo C, mettendo avanti spese troppo ingenti a fronte di una popolarità calante del Campionato (chiuso nel 1992).
La Abarth SE 048 SP verrà mostrata comunque nel 1992 in completa veste Alfa Romeo (da qui per tutti Alfa Romeo SE 048 SP) come semplice laboratorio di soluzioni tecniche d’avanguardia, e senza mai aver avuto la possibilità di mostrarsi sul campo di gara. Oggi è conservata presso il Museo di Arese in compagnia di quella 164 ProCar e dello sfortunato V10, a raccontarci una storia complessa e ricca di colpi di scena da sembrare la trama di un film.
Autore: Federico Signorelli
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