Curiosità

Alfa Romeo MiTo Cabrio, la verità dietro il no di Marchionne

Tempo di lettura: 2 minuti

Fu l’allora allora amministratore delegato di FCA Sergio Marchionne a dire no all’Alfa Romeo MiTo Cabrio: lo rivela Juan Manuel Díaz, designer automobilistico argentino, al Biscione dal 2002 al 2010, e padre fra l’altro di MiTo, 8C Competizione e Giulietta.

La Casa si limitò a progettare e realizzare, come concept, la MiTo con tetto in tela retrattile e quattro posti. Non si andò oltre perché il manager in pullover “non vedeva un mercato per questo modello”, spiega la matita sudamericana. Il problema dell’azienda italiana, prosegue, “era sempre il marketing”: a esempio, il progetto sulla SUV Kamal, pronto per la produzione nel 2006, “venne cancellato pensando che il trend degli Sport Utility fosse finito”.

Questione di soldi

Il successone della MiTo, con 300.000 unità vendute in 10 anni grazie anche a un design ispirato alla favolosa 8C Competizione, forse poteva essere replicato con la Cabrio. Rivaleggiando con scoperte quali MINI, DS 3 e Audi A3. Tuttavia Marchionne bloccò tutto. Ebbe ragione? Sebbene l’uomo che salvò la FIAT commise qualche piccolo errore, come tutti i big dell’automotive, centrò in pieno numerose previsioni: in particolare il flop dell’auto elettrica concepita come oggi, e il rifiuto di accoppiarsi coi transalpini di PSA (“Mai coi francesi”) in un fidanzamento dall’esito imprevedibile.

Evidentemente, quello che all’epoca era un dirigente d’azienda illuminato, intendeva allocare risorse per nuove proposte più concrete e più redditizie, a protezione sia dei profitti dell’azienda sia dei lavoratori. 

Per fortuna

Che l’Alfa Romeo MiTo Cabrio fosse appagante sotto il profilo estetico non v’è dubbio. Che potesse avere successo nella nicchia dedicata, idem. Ma reputiamo corretta la scelta di Marchionne di puntare su prodotti maggiormente concreti. Con un numero inferiore di potenziali problemini di varia natura: specie apertura e chiusura della capote, servosterzo, fascio cavi baule. Caratteristiche peculiari da curare con un investimento ingente e costante. Non era il momento giusto. Probabilmente erano insoddisfacenti i potenziali numeri di vendita previsti su cui spalmare i costi di progettazione delle modifiche delle linee produttive.

Autore: Mr. Limone

Redazione Autoappassionati.it

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