L’Alfa 6 (Progetto Tipo 119) è una berlina di lusso prodotta da Alfa Romeo dal 1979 come successore della 2600. Venne prodotta fino al 1986 quando lasciò il posto alla recente 164. Il nome Alfa 6 si riferisce ai sei cilindri dello storico motore V6 Busso, che ha fatto la sua prima apparizione su questa vettura.
La produzione della Alfa 6 conta solo circa 12.050 esemplari costruiti di cui 6358 della prima serie. Sette copie, che erano state importate negli Stati Uniti con numerose modifiche, furono immediatamente demolite dall’importatore come invendute.
Al suo lancio nel 1979, Alfa 6 fu il fiore all’occhiello della gamma Alfa Romeo: l’obiettivo era di competere con le berline di fascia medio-alta, sia italiane, sia straniere, con Lancia e i tanti altri modelli come la Mercedes 280 E e la BMW 528i.
Ma la carrozzeria quattro porte della “6” era abbastanza convenzionale e simile all’Alfetta esistente, infatti entrambi i veicoli condividono un gran numero di parti, compresi i pannelli di porta; Le linee squadrate e la somiglianza stilistica con l’Alfetta furono gli aspetti che più evidenziavano l’anzianità del progetto, ed appesantivano le linee agli occhi del pubblico – abituato oramai a disegni e stili lanciati verso i canoni degli anni ottanta.
Il servosterzo, gli alzacristalli elettrici, la chiusura centralizzata, gli specchietti retrovisori elettrici e il differenziale a slittamento limitato del 25% erano standard, in questo modo l’Alfa 6 aveva un prezzo competitivo rispetto alle berline simili di quel tempo che li prevedevano come optional. L’auto è stata anche progettata per stabilire nuovi standard in termini di sicurezza; per esempio presenta un sensore di urto nel bagagliaio che interrompe l’alimentazione di carburante in caso di incidente. Lo stile non era particolarmente aerodinamico, e infatti il Cx era di 0.41.
La “6” aveva comunque dimensioni esterne significativamente più grandi rispetto all’Alfetta (4.760 mm x 1.690 mm e un’altezza di 1.400 mm) e a differenza di questa, l’ ”Alfona” (così soprannominata) non era stata realizzata con schema transaxle (con cambio unito al differenziale posteriore), ma aveva una guida convenzionale.
La potenza proveniva da un nuovissimo motore 2.5 V6, progettato dall’ing. Busso, che generava 158 CV a 5.600 giri/min utilizzando un totale di sei carburatori e un singolo albero a camme azionato a cinghia in ciascuna testata. La progettazione del V6 fu antecedente all’Alfetta, ma la crisi del carburante del 1973 ritardò il progetto e portò al debutto solo nel 1979. Erano disponibili due diversi cambi a 5 marce: uno con un layout “normale”, l’altro con un layout “dog-leg”. Un cambio automatico a tre velocità dalla ZF era disponibile anche come opzione e il servosterzo idraulico ZF è stato il primo ad essere montato su un’Alfa Romeo.
L’Alfa 6 fu dotata di quattro freni a disco, con quelli posteriori entrobordo, per ridurre il peso delle masse non sospese. Essa monta posteriormente sospensioni a ponte De Dion mentre le anteriori sono indipendenti, con molle a barra di torsione e doppio braccio oscillante. I modelli con motore a benzina hanno un peso a vuoto di 1.350 kg (prima serie) e 1.470 kg (seconda serie), la variante diesel pesa 1.580 kg.
Nel 1983, il design è stato rivisto, ma vista la situazione finanziaria sempre più grave dell’azienda, i designer non poterono toccare le lamiere; le modifiche si concentrarono sull’estetica e sugli interni col risultato che, dovendo rinnovare l’auto solo attraverso plastiche ed aggiunte, la linea risulta appesantita senza ottenere sensibili miglioramenti. Un dettaglio sorprendente era la grande “B” stilizzata sul montante C come simbolo per Bertone: serviva da presa d’aria e copriva il bocchettone di rifornimento.
L’interno era ora molto più lussuoso e più in linea con il concetto originale come successore della Maserati Quattroporte. Vennero introdotti fari rettangolari singoli in sostituzione delle unità rotonde gemellate, nuovi paraurti, una nuova griglia frontale e modifiche al posteriore. L’assetto divenne più basso, dando alla vettura un aspetto più filante, all’interno, vennero ridisegnate le sagome dei sedili ed i pannelli porta; la plancia venne ritoccata in maniera minore, mentre meccanicamente i sei carburatori del motore vennero sostituiti dall’iniezione Bosch L-Jetronic, di pari potenza.
Sono stati introdotti in griglia due nuovi motori, una versione 2.0 del motore V6 esistente che manteneva i carburatori (specifica per il mercato italiano, dove i motori oltre i due litri erano pesantemente tassati) e un turbodiesel VM 5 cilindri, anch’esso 2.5 litri.
Top di gamma il 2.5 benzina Quadrifoglio Oro, completo anche di aria condizionata e sedili a regolazione elettrica, ma gravato di doppia IVA in Italia a causa della cilindrata.
Come tradizione è stata utilizzata in Italia come veicolo per destinato al trasporto delle cariche istituzionali. Anche il Papa ne aveva una. Nonostante tutto però l’Alfa 6 non può essere definita un successo nelle vendite della casa di Arese, colpa la linea superata e i consumi elevati. Per quanto riguarda dotazioni e tenuta di strada poteva considerarsi ai vertici del segmento.
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