La storia dell’Alfa Romeo è una specie di romanzo, fatto di grandi momenti di passione e altri meno fortunati, di auto leggendarie e di modelli più dozzinali. Una delle vetture più incredibili mai prodotte dalla Casa milanese, se non la più incredibile a detta di molti, è la 33 Stradale.
Se l’avete confusa con la berlina degli anni Ottanta, andate subito in punizione, inginicchiatevi sui ceci e recitate dieci volte ad alta voce la scheda tecnica dell’Alfetta Turbodelta. Scherzi a parte, vale la pena ricordate che proprio la 33 moderna deve il suo nome all’antenata, la cui storia inizia come auto da corsa. Il progetto “105”, infatti, nasce a inizio anni Sessanta – dopo il ritiro del Biscione dalla Formula 1 – per creare una vettura da competizione omologabile per il Campionato mondiale sport prototipi e per le cronoscalate, che all’epoca avevano la loro massima espressione nel Campionato europeo della montagna. La leggerezza, dunque, era una delle caratteritiche primarie che l’auto doveva avere.
Per questo gli ingegneri dell’Alfa progettano un telaio di ispirazione aeronautica, la cui struttura centrale è fatta da grandi tubi in Peraluman – una serie di leghe di alluminio in cui l’elemento principale di lega è il magnesio presente in percentuali fino al 5,6% – disposti ad H asimmetrica, che includono i serbatoi di benzina. Il telaio è poi completato da una gabbia in lega leggera di magnesio che sostiene le sospensioni anteriori, i radiatori, lo sterzo e la pedaliera, mentre un elemento scatolato in lamiera sorregge le sospensioni posteriori e il gruppo motore-cambio montato longitudinalmente in posizione posteriore centrale.
A proposito del motore, dopo alcuni prototipi, la scelta definitiva è un 2 litri V8 aspirato abbinato a un cambio a 6 marce. La distribuzione è a due valvole per cilindro, con due candele; nella versione da gara il propulsore eroga almeno 270 CV a oltre 11.000 giri, mentre in quella stradale viene “limitato” a 230 CV a 8.800 giri. Numeri folli per un’auto del 1968.
La carrozzeria leggerissima in resina sintetica e fibra di vetro, permetteva di contenere la massa totale della vettura in poco più di 700 kg. Le prestazioni, ovviamente, erano incredibili e lo sono ancora oggi. Una velocità massima superiore ai 260 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in poco più di 5 secondi, con i pneumatici dell’epoca e senza elettronica. Inoltre, pochi lo sanno, ma questa Allfa Romeo fu la prima auto di produzione a montare le porte ad apertura verticale.
Quando arrivò sul mercato era l’auto di serie più costosa al mondo, visto che il suo prezzo di listino era quasi il doppio rispetto a quello delle Ferrari – nel 1968 la 33 Stradale costava 9.750.000 lire, le Ferrari circa 6 milioni di lire – aggiudicarsene una era quasi impossibile, vista anche l’esigua produzione. Il principale difetto della 33 Stradale, infatti, è che ne sono state prodotte solo diciotto, praticamente molte di meno delle varie versioni da competizione che si sono succedute negli anni. Ma forse è giusto così, un’auto così in anticipo sui tempi deve rimanere una chimera. Senza dimenticare che la 33 Stradale è finita dritta dritta nella nostra classifica delle 10 Alfa Romeo passate alla storia. Avevate dubbi?
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