In occasione delle celebrazioni per il suo 150° Anniversario, Martini & Rossi organizza, dal 9 novembre 2013 al 26 gennaio 2014, in collaborazione con il MAUTO di Torino, una grande mostra dedicata ai successi del Martini Racing: un’avventura lunga 45 anni, raccontata attraverso le vetture simbolo di un team che ha segnato la storia delle competizioni motoristiche.
Dalla Porsche 917, che nel 1971 ha regalato al Martini Racing la prima vittoria nella leggendaria 24 Ore di Le Mans, alle Brabham, Lotus e Tecno di Formula 1. Dalle Lancia, vincitrici per ben sette volte del Campionato del mondo Rally, all’Alfa Romeo 155 DTM di Larini e Nannini. Ponte tra passato e presente, due vetture di punta dell’attuale produzione della Cavallina di Stoccarda: la 911 GT3 Cup impegnata con Sebastian Loeb nella Porsche Mobil 1 Supercup, e la futuristica hypercar ibrida Porsche 918 Spyder, entrambe rigorosamente impreziosite dall’elegante livrea Martini Racing.
Le vetture esposte:
ENDURANCE
Porsche 917 – 1971
Nel 1971 il Martini Racing Team si aggiudica per la prima volta la leggendaria 24 Ore di Le Mans con la Porsche 917 “coda corta”, un mostro a quattro ruote spinto da un 12 cilindri “boxer” di 4.907 cc, in grado di erogare più di 600 CV. Più lenta della vettura gemella “a coda lunga” di Elford-Larrousse, che in prova tocca i 362 km/h sul rettifilo di Hunadiers, la Porsche numero 22, con struttura portante in magnesio, ha nella grande affidabilità la sua arma vincente. Nelle mani dell’austriaco Helmut Marko e dell’olandese Gijs van Lennep il prototipo di Stoccarda percorre la bellezza di 5335,313 km, alla media di 222 km/h, un record destinato a durare nel tempo.
Porsche 911 Carrera RSR – 1973
L’assenza del Martini Racing Team dal mondiale Marche dura un solo anno. Nel 1973 le strisce blu, azzurre e rosse tornano a decorare le fiancate di una Porsche. Questa volta, però, non si tratta di una biposto sport, ma dell’ennesima versione racing della 911, dotata di turbocompressore. Per le gare Endurance si tratta di una novità assoluta, un azzardo tecnico, che non convince molti addetti ai lavori. Anche costoro dovranno però ricredersi quando la granturismo tedesca, che vanta un ottimo rapporto peso/potenza (310 CV, per 900 kg di peso) si aggiudica la Targa Florio del 1973, con l’equipaggio Müller-van Lennep, battendo le più potenti sport tre litri di Ferrari e Alfa Romeo.
Lancia Beta Montecarlo – 1981
La Lancia Beta Montecarlo Turbo è la prima vettura sport del Martini Racing Team a non essere una Porsche, e corona il primo anno di collaborazione tra i due marchi con la vittoria del titolo mondiale. Una prestazione di assoluto rilievo, conquistata di fronte ad un nugolo di Porsche 935, che pagano lo scotto di un regolamento che separa nella classifica finale di ogni gara le vetture di meno di due litri di cilindrata dalle altre. Se la Porsche è spesso prima tra queste ultime, nella classe inferiore la Lancia, che vanta un ottimo rapporto peso/potenza, non ha avversari, e a Watkins Glen conquista addirittura la vittoria assoluta. Un successo che vale un titolo iridato, l’obiettivo che ad inizio stagione si erano prefissati Gregorio Rossi di Montelera e Cesare Fiorio, team manager Lancia.
Lancia Gruppo 6 – 1982
La Lancia gioca d’azzardo nel 1982: mentre i suoi avversari si adeguano alle nuove regole, varate dalla Federazione Internazionale dell’Auto, schierando le inedite “Gruppo C” coperte, il team italiano opta per un’agile barchetta biposto. A fine stagione il titolo iridato va alla Porsche, ma il favorevole rapporto peso-potenza (450 CV per soli 650 kg di peso) consente alle vetture torinesi di battersi alla pari con le Porsche 956 e di concludere il Mondiale 1982 con tre prestigiose vittorie all’attivo: la 1000 Km di Silverstone (Patrese-Alboreto), la 6 Ore del Nürburgring (Alboreto-Fabi-Patrese) e la 6 Ore del Mugello (Alboreto-Ghinzani).
Lancia LC2 – 1983/86
Nel 1983 la Lancia abbandona la piccola e versatile “barchetta” di Gruppo 6 e mette in pista una biposto coperta di Gruppo “C”, spinta da un 8 cilindri biturbo di 2.600 cc, di derivazione Ferrari, in grado di sviluppare più di 700 CV. Il telaio monoscocca deriva da quello del modello precedente, e l’aerodinamica è studiata in funzione di un esasperato sfruttamento dell’effetto suolo. Tutte queste caratteristiche tecniche fanno della Lancia LC2 una vettura in grado di impensierire le Porsche 956. Purtroppo, però, problemi di affidabilità e l’impari lotta contro un numero sempre crescente di Porsche Gruppo C, negano al team italiano la conquista del titolo iridato, e nel 1986 per il Martini Racing Team si chiude la parentesi delle gare Endurance.
FORMULA 1
Tecno PA 123/1 – 1972
L’annuncio del ritiro della Porsche dal mondiale Marche, nel 1972, prende in contropiede la Martini. Dopo avere ricevuto un secco no dalla Ferrari, che non intende apporre le scritte di uno sponsor sulle carrozzerie delle sue biposto-sport, il Martini Racing Team sposta la sua attenzione dalle gare di durata alla Formula 1. La scuderia prescelta per il grande salto è l’esordiente Tecno, che vanta un invidiabile palmares nelle categorie cadette e intende fare le cose in grande stile, costruendosi addirittura il motore in casa: un plurifrazionato simile a quello delle Ferrari di F.1. Purtroppo il 12 cilindri “boxer” della scuderia bolognese si rivelerà troppo fragile, e le soddisfazioni in due anni di gare saranno veramente poche.
Brabham BT44B – 1975
Scottato dall’esperienza Tecno, nel 1973 il Martini Racing Team si ritira momentaneamente dal mondiale di Formula 1, per farvi ritorno due anni dopo, al fianco di Bernie Ecclestone, patron della Brabham. Le BT44B di Carlos Pace e Carlos Reutemann, motorizzate Ford, sono due ottime monoposto, caratterizzate da un’esasperata aerodinamica, con insolite fiancate di sezione trapezoidale. Nel 1975 vanno a segno con Pace nel gran premio del Brasile, e con Reutemann in quello di Germania. Ma per la conquista del titolo mondiale non c’è nulla da fare contro lo strapotere di Niki Lauda e della sua Ferrari 312 T, il cui 12 cilindri boxer vanta parecchi cavalli in più rispetto all’inossidabile V8 Ford Cosworth che equipaggia la maggior parte delle monoposto inglesi.
Brabham BT45 – 1976/77
Cambio di motore in casa Brabham: nel 1976 il team di proprietà di Bernie Ecclestone abbandona il V8 Ford per passare al più competitivo 12 cilindri “boxer” dell’Alfa Romeo. Il propulsore italiano, accreditato di 520 CV, è decisamente più potente del precedente, ma problemi di accoppiamento tra telaio e motore ed un peso eccessivo frenano le ambizioni del Martini Racing Team. Nel 1976 la Brabham cambia anche livrea, dal tradizionale bianco al “rosso Italia”. Nel 1977 solo la sfortuna e qualche problema di troppo sul fronte affidabilità negano al Martini Racing la soddisfazione della vittoria. In diverse occasioni le Brabham Alfa Romeo di John Watson, Carlos Pace e Hans von Stuck sfiorano il successo: migliori risultati della stagione sono i secondi posti di Watson e Pace nei gran premi di Argentina e di Francia.
Lotus 80 – 1979
Dopo Tecno e Brabham, nel 1979 è la volta della Lotus. Il team di Colin Chapman si presenta al via della stagione 1979 col numero 1 sulle fiancate, privilegio che spetta di diritto al campione del mondo in carica, e sono in molti a credere che, per il secondo anno di fila, la compagine inglese possa ribadire la superiorità tecnica delle Formula 1 ad “effetto suolo”. Le speranze del Martini Racing Team naufragano, però, miseramente quando il patron della Lotus vuole superarsi, mettendo in pista il rivoluzionario modello “80”, che estendende l’utilizzo delle minigonne mobili a tutta la lunghezza della monoposto. La Lotus del 1979, che sulla carta dovrebbe essere imbattibile, risulta difficile da mettere a punto, e dopo alcune deludenti apparizioni viene accantonata dal team, costretto a ripiegare sulla vecchia “79” dell’anno prima.
RALLY – WRC
Lancia 037 – 1983/84
Cinque anni dopo l’esperienza con la Porsche al Rally Safari, nel 1983 il Martini Racing Team torna nel mondiale Rally con la Lancia 037, una vettura in netta controtendenza rispetto all’Audi quattro a trazione integrale. Cesare Fiorio e Gianni Tonti, team manager e direttore tecnico della compagine italiana, sono infatti convinti che anche con una maneggevole e leggera vettura a due sole ruote motrici si possa ancora vincere nei Rally. E i fatti danno loro ragione. Con un briciolo di fortuna, il talento di piloti del calibro di Markku Alén o Walter Rohrl, e l’impeccabile preparazione della “037”, a fine stagione ’83 il Martini Racing può festeggiare la conquista del Campionato del mondo Rally.
Lancia Delta S4 – 1985/86
Nel 1985 anche la Lancia deve abdicare alla superiorità tecnica di Audi e Peugeot e convertirsi alle quattro ruote motrici. La nuova arma del Martini Racing Team nel mondiale Rally si chiama “Delta S4”: una vettura nata da un foglio bianco, grazie al genio dell’Ing. Messori, che dispone della trazione integrale e di un doppio sistema di sovralimentazione, composto da turbocompressore e compressore volumetrico. Quest’ultimo entra in funzione ai bassi regimi, mentre il turbo assicura una potenza che sfiora i 500 CV. Valori impressionanti, che consentono alla Lancia di imporsi fin dalla gara d’esordio, nel Rally RAC del 1985. L’anno seguente la storia si ripete a Montecarlo: Henry Toivonen è nuovamente primo, e la Lancia sembra destinata a bissare il titolo del 1983. Ma in Corsica un tragico incidente costa la vita proprio a Toivonen, decretando di fatto la fine dei Gruppi “B”, vere e proprie Formula 1 degli sterrati.
Lancia Delta ECV2 – 1986
Pochi mesi prima che la Federazione dell’Auto decida di mettere al bando le Gruppo “B”, la Lancia presenta il modello “ECV2” (Experimental Composite Vehicle), che avrebbe dovuto rimpiazzare la Delta S4. Questa vettura, che non sarà mai adoperata in gara, rappresenta la massima esasperazione tecnologica per vetture di questa categoria. Più compatta della S4 e con un baricentro decisamente più basso, la ECV2 è allestita intorno a un telaio tubolare, rinforzato col massiccio uso di pannelli in materiali compositi, e presenta un’aerodinamica a dir poco esasperata per una macchina da rally. Il cuore pulsante di questa autentica Formula 1 degli sterrari è un motore triflux 6 cilindri biturbo, che riduce al minimo i tempi morti di risposta tipici del turbo, ed eroga 600 CV a 8.000 giri/min. Un valore eccezionale se si considera che la ECV2 pesa appena 930 chili!
Lancia Delta Integrale – 1988
Gli avversari della Lancia non hanno neppure il tempo di reagire alla perentoria affermazione del Martini Racing nel Mondiale Rally del 1987, che la casa torinese mette in campo la seconda evoluzione della Delta Gruppo ‘A’. La “HF Integrale”, questa la sua denominazione, vince fin dal suo esordio in Portogallo, con Miki Biasion. Ma il successo più importante arriverà qualche mese più tardi, quando dopo i numerosi tentativi andati a vuoto la Lancia riuscirà finalmente ad imporsi nel massacrante “Safari”, che si corre sugli sterrati del Kenya. Un’affermazione che garantisce di fatto il secondo titolo mondiale consecutivo al Martini Racing Team, e la conquista di quello piloti a Miki Biasion. Prima di essere rimpiazzata dalla versione “16 valvole”, la Delta integrale proseguirà la sua scia di successi nel 1989, riconfermandosi a Montecarlo, in Corsica, in Portogallo e al Safari.
Lancia Delta HF – 1992
Al termine della stagione 1991, e dopo la conquista dell’ennesimo titolo mondiale, la Lancia annuncia il suo ritiro dai Rally in veste ufficiale, ma ribadisce la volontà di continuare nel mondiale con l’ultimo modello della serie Delta, la cui gestione viene affidata al Jolly Club. La Delta HF “Evoluzione”, meglio nota col soprannome di “Deltona”, presenta dimensioni più generose, prese d’aria e parafanghi maggiorati, e un propulsore potenziato. Vince fin dall’esordio a Montecarlo, con Didier Oriol, e col pilota francese si aggiudica sei Rally mondiali. Risultato: a fine stagione, per il sesto anno consecutivo, Lancia e Martini Racing festeggiano la conquista del Titolo Mondiale Marche, l’ultimo di un sodalizio irripetibile nella storia del motorsport.
Ford Focus WRC – 1999
Sette titoli costruttori e tre titoli piloti non si scordano facilmente, e la passione per i Rally induce il Martini Racing Team al clamoroso rientro nel WRC. Questa volta i classici colori blu, azzurro e rosso non sono abbinati alle Lancia Delta, ma alla Ford, che nel 1999 partecipa al mondiale con la neonata Focus. Al volante un pilota di valore assoluto, l’eclettico Colin McRae. Dopo un avvio incoraggiante a Montecarlo, lo scozzese va a segno nel Rally Safari e in Portogallo. L’anno successivo il Martini Racing Team si potenzia ulteriormente, con l’arrivo in squadra dell’iridato Carlos Sainz. Nel periodo che va dal 2000 al 2002 non mancano le vittorie di prestigio, ma per la conquista del titolo iridato non c’è nulla da fare contro Peugeot e Subaru.
TOURING – GT
Alfa Romeo 155 DTM – 1995/96
A partire dal 1992 il Martini Racing Team estende il suo raggio di azione, e dopo aver preso parte al Mondiale Endurance, F.1 e Rally, si cimenta in pista nelle gare Turismo al fianco dell’Alfa Romeo, che iscrive due 155 GTA al campionato italiano della specialità. La superiorità delle vetture di Arese e di Nicola Larini è schiacciante, e a fine stagione arriva la conquista del titolo nazionale. Tre anni dopo Martini Racing è nuovamente al fianco dell’Alfa, che iscrive le sue 155 V6 TI al “DTM” (Deutsche Tourenwagen Masters), una sorta di mondiale per vetture Turismo. Contro una muta di Mercedes e Opel c’è poco da fare per il titolo, ma Nicola Larini e Alessandro Nannini vincono comunque diverse gare della serie DTM-ITC nel biennio 1995/96.
Porsche 911 GT3 – 2013
Dopo qualche anno di assenza, nel 2013 i colori del Martini Racing Team tornano prepotentemente alla ribalta sulla Porsche 911 GT3 del nove volte Campione del mondo dei Rally Sebastian Loeb, che prende parte ad alcune prove del monomarca Porsche Mobil 1 Supercup.
Porsche 918 Spyder – 2013
La 918 Spyder è la prima Porsche ibrida della storia, e combina la spinta di un 8 cilindri a V endotermico (collocato in posizione posteriore-centrale) con quella di due motori elettrici (posti sull’asse anteriore e posteriore). Per celebrare l’avvenimento e ricordare i tanti successi conseguiti nelle gare di durata, la Casa di Stoccarda ha realizzato anche una versione “Martini Racing” di questo futuristico bolide da 770 CV.
Questi, in sintesi, i capolavori automobilistici raccolti al Museo dell’Auto di Torino da Paolo D’Alessio, il curatore della mostra. Noi, da autoappassionati, non possiamo che consigliarvi di andare a vederla. In 20 vetture, infatti, è raccolta la storia di una livrea che è presto diventata un simbolo di eleganza e di successi nel mondo del motor-racing, ma è anche riunita nel capoluogo piemontese una fetta importante della leggendaria produzione sportiva di due marchi ricchi di fascino come Lancia e Porsche.
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