Storiche

Abarth: le 12 auto che hanno creato il mito

Tempo di lettura: 9 minuti

Dopo aver ripercorso insieme la storia del Marchio Abarth analizziamo le auto che maggiormente hanno fatto il successo dello Scorpione.

Carlo Abarth è noto in tutto il mondo per aver avuto il coraggio di trasformare delle semplici vetture popolari in brillanti auto da competizione in grado di spopolare sulle principali piste europee.  Ecco alcuni dei suoi capolavori:

Fiat Nuova 500 Abarth (1957)

La prima “500” elaborata da Abarth fu realizzata per il salone di Torino del 1957 e successivamente prodotta in pochi esemplari. Si tratta di una vettura elaborata usando i pezzi speciali costruiti dalla Abarth che mantiene pressoché immutato l’aspetto esteriore del modello da cui deriva. 

Furono inoltre commercializzate le popolari “cassette di trasformazione Abarth”, che consentivano di modificare la FIAT Nuova 500 rendendola più aggressiva e sportiva, senza limitarne la circolazione alla sola “pista”. La trasformazione messa in atto allora da Abarth è nel suo stile: aumento della cilindrata e della compressione, carburatore più grande e albero a camme più “spinto”. E ancora, coppa dell’olio maggiorata e ridisegno di tutta la linea di scarico. Ciò che non si cambia viene migliorato e alleggerito, come l’albero motore e le bielle. Come optional si può dotare la vettura di un cruscotto con strumentazione “da corsa”.

A titolo dimostrativo circa la robustezza del motore, nonostante il notevole incremento di potenza, nei mesi di settembre e ottobre del 1958, furono organizzate alcune sessioni di prova, sull’autodromo di Monza. Una Abarth 500, dotata di carrozzeria aerodinamica appositamente studiata dalla Pininfarina, conquistò 28 primati di velocità, su varie distanze. In una delle prove, la macchina girò senza sosta per 7 giorni, alla velocità media di 111 km/h.

Nel febbraio 1964 venne invece presentata la 595 SS con una velocità massima portata a 130 km/h. Nello stesso anno vennero presentate anche la 695 e 695 SS (SuperSport), entrambe con una cilindrata totale di 689 cm³ e con una velocità massima rispettivamente di 130 km/h e 140 km/h. Nel settembre 1965 fu introdotta la 695 SS Assetto Corsa, sostituita nel 1969 dalla 695 SS Competizione.

Abarth 2400 coupé (1959)

Nel 1959 Carlo Abarth decide di lanciare sul mercato una gamma di vetture Gran Turismo eleganti e discrete ma sempre ad alte prestazioni. Ciclo che tocca l’apice con l’Abarth 2400 Coupé Allemano, ultima evoluzione della meccanica dell’ammiraglia Fiat 2100/2300. 


Nel 1961 Fiat presenta la nuova ammiraglia, la 2300 berlina, di cui Abarth utilizza la meccanica per adeguare le sue GT. Al solito aumenta la cilindrata del 6 in linea da cui ottiene 142 cavalli a 5800 giri/minuto con l’impiego di pistoni più leggeri, di tre carburatori Weber doppio corpo e una linea di scarico completamente ridisegnata e che termina col caratteristico doppio scarico Abarth.

Non si sa esattamente quanti esemplari siano stati costruiti di quest’ultima versione, probabilmente poche decine; quel che è certo è che uno Carlo Abarth lo tiene per sé, utilizzandolo tutti i giorni e per le vacanze nella natia Austria con la terza moglie Anneliese, come documenta una foto dell’epoca.

Abarth 850 TC (1960)

La Fiat-Abarth 850 TC è una delle pietre miliari della costante evoluzione che l’Abarth ha realizzato partendo dalla Fiat 600 D. Con raffinatezze tecniche, ciclistiche, ma soprattutto meccaniche, le 850 TC raggiungevano i 140 km/h per merito del peso contenuto (610 kg) e dei 52 cavalli ottenuti dal motore portato a 847 cm3.

Alla fine del 1960 la Abarth iniziò a costruire la Abarth 850 TC (Turismo Competizione), la cui versione stradale rimase in produzione fino al 1966. La Fiat forniva le 600 prive di alcune parti meccaniche (albero motore, freni, carburatore e scarichi), che venivano montate dalla Abarth trasformando la 600 in 850 TC.
Nel corso del 1962, furono realizzate alcune varianti della 850: la TC Nürburgring, il cui motore forniva 55 cavalli, per ricordare la vittoria di classe ottenuta, nel 1961, da un’Abarth 850 alla 500 Chilometri del Nürburgring e la TC/SS, il cui motore dava 57 cavalli. Verso la fine del 1962, questa versione fu ribattezzata “850 TC Nürburgring Corsa”. Sempre nel 1962, la 850 fu affiancata dalla FIAT-Abarth 1000, che era anch’essa derivata dalla FIAT 600, ma aveva il motore di 982 cm³, con 60 cavalli CUNA.

Non vanno dimenticate le versioni più sportive della FIAT-Abarth 1000 ovvero la TC con 85 CV di potenza e la TCR con testata radiale in grado di raggiungere i 115 CV. Con queste versioni la Abarth portava una grande serie di primizie nelle auto di piccola dimensione, ovvero i freni a disco su tutte e quattro le ruote, cambio a 5 marce e sospensioni a molla e ammortizzatore in quanto le balestre della 600 non erano in grado di fornire un’adeguata tenuta di strada.

In alcuni casi queste auto elaborate erano utilizzate come “civetta” dalla Guardia di Finanza per contrastare il contrabbando. Una vettura dalle sembianze miti, come quella della Fiat 600, ma in grado di sfoderare prestazioni di assoluto rispetto.

Abarth 1000 Bialbero Record Pininfarina (1960)

Anche se la linea e le prestazioni della 1000 Bialbero sono quelle di una vera e propria auto da corsa, il telaio e gran parte degli organi meccanici derivano dalla popolare vettura che ha motorizzato l’Italia negli anni Cinquanta, la Fiat 600. Per questa ragione, la Bialbero rappresentò in modo emblematico l’acutezza e l’abilità di Carlo Abarth nelle elaborazioni e anche la bontà del progetto originale Fiat, che poté così mostrare le sue notevoli potenzialità di sviluppo.
Alcune con le versioni elaborate di auto derivate dalla serie, altri con veri e propri prototipi. Tra questi l’Abarth 1000 Record Pininfarina, carrozziere con il quale Abarth aveva avviato un proficuo rapporto di collaborazione sin dal 1957. 

La versione più potente è costruita nel 1960 e monta un motore bialbero di 982cm3 (alesaggio x corsa 65×74), rapporto di compressione 11:5, per una potenza di 108 CV DIN a 8000 giri/minuto. Un propulsore nuovo che, come vuole la tradizione del Costruttore austriaco, viene provato prima nell’impegnativo test dei record per essere avviato successivamente alla produzione per i clienti. La carrozzeria è approntata appositamente da Pininfarina con un Cx di 0.20, che sfrutta l’esperienza maturata con i precedenti prototipi, per realizzarne uno in grado di sopportare l’aumentata potenza del propulsore e, di conseguenza le velocità più elevate. 

Il team di piloti e tecnici Abarth è ormai ben affiatato e, dal 28 settembre al 1° ottobre 1960 sull’anello di velocità di Monza ottiene ben 8 primati: tra cui le “72 ore”, alla velocità media di 186,687 Km/h. Quest’ultimo è mondiale e vien strappato a un modello Ford, che lo aveva realizzato su un lago salto degli Stati Uniti.

Fiat Abarth 2000 Sport Tipo SE 010 (1968)

Sul finire degli anni ’60, notando un vistoso calo nelle vendite dei propri mezzi, Carlo Abarth decise di concentrarsi sulla produzione di vetture sportive da vendere ai piloti privati. Per invogliarli nell’acquisto, mise in cantiere la realizzazione della 2000 Sport Tipo SE 010.

Come propulsore montava un quattro cilindri abbinato a due carburatori Weber 58 DC03 che permettevano l’erogazione di una potenza di 250 CV e una velocità massima di 270 km/h. Il tutto veniva gestito da un cambio manuale a cinque marce. Il telaio era di tipo tubolare realizzato in acciaio. Le sospensioni anteriori erano formate da trapezi oscillanti, molle ad elica, barre stabilizzatrici e ammortizzatori idraulici telescopici, mentre le posteriori avevano bracci oscillanti, molle ad elica, barre stabilizzatrici e ammortizzatori idraulici telescopici.

Portata in gara per la prima volta nella gara in salita presso Ampus, in Francia, la 2000 Sport ottenne numerose vittorie e piazzamenti, tra cui la conquista delle prime tre posizioni nella 500 km del Nürburgring del 1968 con Shetty, Ortner e Merzario.

Autobianchi A112 Abarth 58 HP (1971)

Presentata al Salone di Torino nell’ottobre 1969, l’Autobianchi A112 è una piacevole utilitaria di lusso, ideale per la città grazie alle dimensioni compatte. Ma nel 1971 debutta la A112 Abarth, versione sportiva studiata in collaborazione con la Casa dello Scorpione, che beneficia di un aumento di cilindrata, potenza (58 cavalli) e coppia. Le prestazioni, ne risentono positivamente: la A112 Abarth supera i 150 km/h e accelera da zero a 100 km/h in poco più di 12 secondi. Anche l’estetica della vettura viene modificata per darle una connotazione più sportiva: all’interno la strumentazione viene arricchita da contagiri, amperometro, manometro e termometro olio. I sedili sono avvolgenti ed il volante in alluminio a tre razze.


Da 1971 al 1984 vennero costruiti circa 121.600 esemplari delle versioni “Abarth”, ovvero quasi il 10% dell’intera produzione “A112” : una percentuale davvero imponente per la versione sportiva di un’utilitaria di grande serie che testimonia la fama di buona affidabilità tecnica, conquistata dalla vettura. Dal volante delle A112 Abarth da corsa sono passati piloti del calibro di Bettega, Cunico, Tabaton, Caneva, Cinotto e moltissimi altri.

Fiat 124 Abarth Rally (1972)

Rispetto alla Fiat 124 Sport Spider da cui è derivata, la Fiat 124 Abarth Rally Gr.4 beneficia di un motore più potente, di tettuccio e cofano in fibra di vetro e di portiere in alluminio, che consentono una notevole riduzione del peso complessivo. A seguito di una messa a punto operata dalla Squadra Corse Abarth, la vettura ha debuttato nella stagione sportiva 1972 e ha proseguito la propria importante carriera sportiva fino al 1975, per essere poi sostituita dalla 131 Abarth Rally nel 1976.

Allestita con un motore da 1756 centimetri cubici, in grado di erogare 200 CV di potenza, questa vettura può raggiungere una velocità massima di 170 km/h a seconda del rapporto al ponte. Ha al suo attivo due vittorie nel Campionato Europeo Rally (1972 e 1975) e la piazza d’onore del campionato costruttori per quattro stagioni consecutive (dal 1972 al 1975).

Abarth SE 030 (1974)

Abarth SE 030, è un prototipo da competizione prodotto dalla Abarth nel 1974, in collaborazione con FIAT e Pininfarina.

Allo scopo di sostituire l’ormai anziano modello 124 Sport Coupé, nel 1972 la FIAT aveva avviato il progetto X1/20, la cui presentazione era prevista per il Salone dell’automobile di Torino del 1974, affidando lo studio della linea alla Pininfarina e la costruzione del telaio alla neoacquisita Abarth.

La sinergia tra FIAT, Abarth e Pininfarina diede buoni frutti e, sul finire del 1973, i primi prototipi erano in fase di realizzazione piuttosto avanzata. Visto l’anticipo sui tempi, era stato deciso di allestire uno speciale modello da competizione per farlo partecipare, a scopo promozionale, al Giro automobilistico d’Italia, una gara che si componeva di prove su strada e in circuito, al tempo molto seguita dagli appassionati di tutta Europa. Condotta dall’equipaggio Giorgio Pianta e Cristine Becker, colse un considerevole secondo posto assoluto, alle spalle della Lancia Stratos Turbo.

Successivamente presentata in veste ufficiale come Fiat Abarth 030, la vettura venne poi prodotta in versione stradale e commercializzata a partire dal 1975, stavolta sotto le insegne Lancia (altro marchio del gruppo torinese), e col nome di Beta Montecarlo. Lo sviluppo della 030 proseguì, evolvendosi nel 1980 nel modello Abarth SE 037, in seguito trasformatosi all’inizio degli anni 1980 nella plurivittoriosa Lancia Rally 037.

Il propulsore è derivato dal 6 cilindri 3.200 della Fiat 130, che venne opportunamente elaborato dalla Abarth aumentando la cilindrata, irrobustendo gli alberi a camme e variando il sistema di alimentazione con l’inserimento di 3 carburatori doppio corpo Weber 48 IDF. Le modifiche portarono la potenza a superare abbondantemente i 250 CV. Il gruppo cambio-differenzialeprodotto dalla ZF, del medesimo tipo già utilizzato per equipaggiare la De Tomaso Pantera.

Fiat 131 Abarth Rally (1976)

La “131 Abarth Rally” nacque dall’esigenza di sostituire l’ormai obsoleta “124 Abarth Rally”. In un primo tempo, per la nuova vettura da rally, l’Abarth aveva approntato un prototipo su base Fiat X1/9. Quando arrivò l’ordine di interrompere il progetto, Bertone era già pronto alla produzione dei 500 esemplari necessari all’omologazione nel Gruppo 4, ma la dirigenza FIAT decise di puntare sull’evoluzione della “131”, allo scopo di promuovere l’immagine della sua nuova berlina media sul mercato internazionale.

Basata sulla carrozzeria a 2 porte della prima serie, la Fiat 131 Abarth Rally era equipaggiata con un 4 cilindri bialbero derivato dal 2 litri Fiat e sviluppato da Abarth. La cilindrata era di 1995 cm3, e la potenza di 140 CV della versione stradale lievitava sino a 235 in quella da corsa. Era il “periodo d’oro” del cosiddetto gruppo 4: il regolamento tecnico che consentiva la trasformazione di berline familiari “per tutti i giorni” in autentiche auto da corsa. Al debutto nel 1977, la 131 Abarth Rally permise alla Fiat di conquistare per la prima volta il campionato mondiale costruttori. Il titolo fu difeso con successo l’anno successivo ed ottenuto nuovamente nel 1980, grazie alle numerose vittorie del duo Markku Alén – Walter Röhrl: il pilota tedesco si laureò campione mondiale piloti 1980 e, se un tale titolo fosse esistito anche negli anni precedenti, sarebbe spettato a Alén sia nel 1977 sia nel ’78.

Fiat Ritmo 125 TC e 130 TC Abarth (1982)

Mossa da un bialbero a carburatore doppio corpo di 1995 cm³ da 125 CV a 6000 giri, la versione della Fiat Ritmo curata dalla Abarth aveva una carrozzeria (solo 3 porte) molto sportiva basata sulla 105 TC, con in più cerchi in lega specifici di produzione Pirelli con gomme P6 da 185/60-R14, strip adesiva laterale Abarth 2000, alettone posteriore in gomma alla base del lunotto, terminale marmitta cromato, sedili sportivi e volante racing.

La Ritmo 125 Abarth, con i suoi 190 km/h e uno 0-100 in meno di 9 secondi, destò molto interesse presso la stampa italiana ed estera: famoso all’epoca un servizio pubblicato su Gente Motori in cui il pilota di rally Attilio Bettega si cimentava in un’improbabile gara di accelerazione contro un caccia Fiat G-91 delle Frecce Tricolori. 

Decisamente profonde le modifiche apportate alla Abarth per la seconda serie 130 TC: il motore guadagnava l’accensione elettronica digitale Marelli Digiplex e l’alimentazione mediante due carburatori doppio corpo orizzontali da 40. Il risultato erano 130 CV a 5800 giri, che abbinati al peso minore e al cambio con il finale leggermente allungato la rendevano capace di uno spettacolare  tempo di 8 secondi netti da 0 a 100 km/h. La Ritmo 130 ebbe un successo strepitoso presso gli appassionati grazie alle prestazioni (e alla “cattiveria” con cui erano espresse), ulteriormente alimentato dai successi sportivi che la vettura colse nelle gare in pista e su strada, dominando per anni i principali campionati europei di Gr. N.

Abarth 695 biposto (2014)

Parecchi anni dopo la rinascita del marchio ad opera di Fiat nel 2007, al Salone di Ginevra 2014, viene presentato il modello di 500 Abarth più estremo: l’Abarth 695 biposto. Si propone al pubblico come una sintesi estrema del concetto di “elaborazione”, concretizzando un’idea di vettura biposto da corsa “Street Legal”, e come riproposizione in chiave stradale dell’Abarth 695 Assetto Corse Evoluzione, da cui riprende molte soluzioni tecniche. Con un motore 1.4 T-jet da 190 CV e un peso di soli 997 kg, la “Abarth 695 biposto”raggiunge un rapporto peso/potenza di 5,2 kg/CV, ed è in grado secondo la casa di accelerare da 0 a 100 km/h in soli 5,9 secondi, con una velocità di punta di 230 km/h.

Le caratteristiche della 695 biposto, però, sono scomponibili in tre kit di personalizzazione: “Kit 124 Speciale“, “Kit Carbonio” e “Kit Pista“, quest’ultimo comprendente anche tuta, scarpe, guanti e casco.

La carrozzeria è caratterizzata da un inedito colore “Grigio Performance” a effetto materico con vernice antigraffio. Il cofano ha un design specifico a due ‘gobbe’, ispirato alla classica 124 Abarth, ed è realizzato in alluminio. Le calotte degli specchietti e la copertura dei montanti sono in fibra di carbonio. Chiudono le dotazioni di serie l’ABS, l’ESP e il TTC, insieme all’inedito differenziale autobloccante a dischi frizione.

Noi che l’abbiamo provata vi garantiamo che lo spirito di Carlo Abarth è ancora vivo dentro di essa.

Abarth 124 spider (2016)

Ultima in ordine temporale, ma per questo non meno importante, la Abarth 124 Spider che unisce la gioia di una spider all’emozione di una Abarth. Sviluppata grazie alla Squadra Corse della Casa, la vettura esemplifica perfettamente i valori portanti del brand: prestazioni, cura artigianale ed eccellenza tecnica. L’Abarth 124 Spider è dotata di differenziale autobloccante meccanico di serie, una dotazione tipica delle vetture sportive di alta gamma. Le masse sono concentrate all’interno del passo, il motore – turbo a quattro cilindri Multiair da 1,4 litri e 170 CV – è installato dietro l’asse anteriore e il rapporto tra il peso – soli 1060 kg attentamente distribuiti – e la potenza è il migliore della sua categoria (6.2 kg/CV). 

La Spider, dotata di cambio manuale a sei marce, raggiunge una velocità massima pari a 232 km/h e garantisce un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 6,8 secondi. Inoltre, dal momento che il rombo del motore è un elemento fondamentale di ogni veicolo Abarth, la Spider è provvista di serie di uno scarico Record Monza con impianto a due modalità, in grado di modificare il percorso del gas di scarico in funzione del regime del motore, di garantire una coppia costante e di generare il caratteristico rombo Abarth.

Il nuovo Abarth 124 spider (da noi provato) è un tributo alla storia di Carlo Abarth e incarna alla perfezione i valori fondanti del marchio dello scorpione: prestazioni, stile ed eccellenza tecnologica e meccanica.

Mauro Giacometti

Classe 88. Automotive Engineering. Mi piace la musica, ma… non quella bella, principalmente quella di cattivo gusto e che va di moda per poche settimane. Amo sciare, ma non di fondo: non voglio fare fatica. La mia auto ideale? Leggera, una via di mezzo tra una Clio Rs e una Lotus Elise. Ma turbo! Darei una gamba per possedere una “vecchia gloria” Integrale.

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Mauro Giacometti

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